Lo scorso Febbraio avevamo ascoltato Prada annunciare un significativo calo delle vendite (-10% a 3,4 miliardi di dollari) per l’anno fiscale appena trascorso. Nella stessa occasione la società di Milano (quotata a Hong Kong – 1913.HK) aveva condiviso con la comunità finanziaria i piani per recuperare.
Collezione Autunno/Inverno 2017. Fonte: Internet
I punti chiave strategici dichiarati da Prada a Febbraio 2017:
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E-commerce
Proseguire le partnership con i retailers online multi-brand, sulla scorta dei buoni risultati già ottenuti con Yoox Net-a-Porter (YNAP)
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Millennials
Nella seconda metà del 2016, i marchi Prada e Miu Miu hanno sviluppato linee ready-to-wear dedicate ai millennials. L’intento era (ed è )quello di penetrare maggiormente questo rilevante nuovo segmento di mercato
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Il “rimbalzo” della Cina
La società vedeva una ripresa del mercato cinese, dopo un calo annuo nel 2016 del 14% nell’area Asia-Pacifico, una region sulla quale il gruppo lombardo punta fortemente
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Il “dimagrimento” del retail
Anche Prada, come molti operatori del commercio al dettaglio (abbigliamento ma non solo), proponeva una riduzione della rete retail, composta a inizio 2017 da 620 negozi a gestione diretta, dai quali la maison deriva l’80% dei ricavi. Le chiusure selettive riguardavano i negozi in franchising e quelli all’interno dei luxury department stores
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Novità e strategie
L’ultimo punto della strategia condivisa dalla coppia Bertelli-Prada riguardava un generale ringiovanimento dell’immagine, sulla scorta dell’ambizioso progetto Prada365, dal quale ci si aspettava un ritorno già all’interno dell’esercizio fiscale appena iniziato
Fonte: Internet
A che punto è Prada ad oggi?
Nel primo semestre 2017 (che per Prada termina il 31 Luglio), gli attesi miglioramenti non si sono concretizzati.
Un ulteriore calo delle vendite del 5,9% e una diminuzione dell’utile del 18% a 140 milioni di dollari hanno deluso le aspettative dell’ambiente finanziario (e non solo).
H1 2017 Net Sales Prada per categoria di prodotto e per brand (milioni)
Fonte: Prada H1 2017 Results Presentation
Se si pensa che già alla chiusura del precedente esercizio, il gruppo Prada (che possiede i marchi Prada, Miu Miu, Churc’s e Car Shoe) aveva ottenuto i profitti annui più bassi dalla quotazione (avvenuta nel 2011), si capisce come il turnaround non sia ancora “a pieno regime”.
Prada goes digital?
In Marzo è stata inserita la figura di global digital director (affidata a Chiara Tosato).
Per quanto apprezzabile, la scelta sembra in forte ritardo rispetto alle mosse dei competitor (da LVMH che nel 2015 ha nominato chief digital officer l’ex executive di Apple Music, Ian Rogers, alle “mani libere” lasciate da Gucci al nuovo direttore creativo – Alessandro Michele – sempre nel 2015), che sembrano “in fuga” in termini di innovazione stilistica e gestione del business.
Le performance borsistiche si sono sviluppate di conseguenza: da inizio 2017, Prada perde il 3,16% a fronti di aumenti dei titoli Kering (che possiede il marchio Gucci) e LVMH rispettivamente del 81,13% e del 38,15%
Fonte: elaborazione BullsandBears.it su dati Yahoo finance
“Sembra che Prada sia rimasta intrappolata tra il costante e continuo focus (offline) di Hermes sull’artigianalità (fulgido esempio la borsa Birkin) e l’ampiezza del numero dei like ottenuti da Gucci o Luis Vuitton” chiosa la società di consulenza Interbrand.
La direzione che Prada vuole prendere è la stessa imboccata dal duo Gucci-Vuitton.
Fonte: 365, Prada Resort 18 Advertising Campaign, canale YouTube di Prada
Lo stato dell’arte a Novembre 2017 di alcune delle promesse di Prada
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Prima promessa: implementare una strategia di marketing centrata sul digitale
Tosato ha affermato recentemente che la comunicazione digitale di Prada “ad oggi rappresenta una porzione rilevante della spesa totale nei media“.
Verranno implementati touch point addizionali per la fine dell’anno, comprensivi di chat istantanee, assistenti digitali all’acquisto e personal shoppers virtuali su Prada.com.
C’è comunque ancora molta strada da fare se la presenza sui social media è ancora “di rincorsa” rispetto ai principali peers: a Novembre 2017 Prada ha sul sito di microblogging cinese Weibo (WB) circa un nono dei followers rispetto a Coach (del gruppo Tapestry – COH). Su Instagram, ne ha 13,8 milioni a fronte dei 19,8 di Louis Vuitton.
Fonte: Instagram
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Seconda promessa: sfondare tra i consumatori giovani
La società, dopo aver chiuso 13 negozi “tradizionali” nel primo semestre fiscale 2017, ha deciso di aprirne altrettanti nel formato pop-up, un modello che si è rivelato popolare tra i clienti millenial.
Ognuno aperto per sole tre settimane, questa tipologia di punto vendita dà all’azienda meneghina la possibilità di generare eccitazione per i propri prodotti in nuovi mercati, attraverso l’unicità dell’esperienza d’acquisto, l’attivazione degli influencer e il lancio dedicato di nuovi prodotti – il tutto affrontando un rischio finanziario minimo.
Il pop-up store di Prada a Marfa, in Texas
Fonte: sito Prada
Un ulteriore prodotto che attira i più giovani sono le sneakers. Anche in questo caso, nel mese di Ottobre sono stati introdotti una serie di nuovi stili applicati a questo tipo di calzature per recuperare il terreno perduto a causa dell’allontanamento degli acquirenti da scarpe più tradizionali (c.d. dressier styles).
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Terza promessa: focus dal negozio individuale alle vendite e-commerce globali
Prada ha puntato forte su questa promessa, tanto da prevedere un raddoppio delle vendite online in ognuno dei prossimi tre anni.
Per raggiungere questo ambizioso risultato, ha sviluppato tre passi successivi.
- ampliare il range di partner wholesale. Dopo il successo 2016 delle collaborazioni con Net-a-Porter e MyTheresa, durante l’autunno si prevede l’allargamento anche a MatchesFashion.com
- la realizzazione di nuovi siti di e-commerce negli USA e in Europa e il loro lancio entro quest’anno in mercati chiave come la Cina, la Corea del Sud, il Giappone e la Russia
- per la prima volta verrà messa a disposizone della clintela online l’intera gamma di prodotti (e non solo le scarpe, le borse e gli accessori).
In conclusione, dopo il periodo in cui i grandi marchi del lusso italiano si sono concessi ai grandi gruppi internazionali (Bulgari è confluito in LVMH, Valentino è stato acquisito dalla famiglia reale del Quatar, gli scarpai di altissima gamma Berluti e – per il 30% – Giuseppe Zanotti sempre a LVMH), è arrivato il momento più difficile per quelle maison che sono volute rimanere indipendenti ma che ora i scontrano con l’evoluzione digitale e distributiva del business della fashion industry (su tutti Armani, che attualmente sta attraversando una fase di profonda ristrutturazione).
Miuccia Prada e Patrizio Bertelli avranno le forze per uscire dall’attuale impasse, o il Gruppo ricadrà in una delle due opzioni sopra illustrate?
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