23andMe

Dopo il settore della ristorazione e dei vestiti per i bimbi, Bullsandbears torna a parlare di startup, della loro nascita, del loro sviluppo e della loro affermazione o fallimento, analizzando uno dei casi recenti più interessanti: 23andMe.

Cosa fa 23andMe

Si tratta di una (ormai ex) startup attiva nel campo della genetica personale, fondata nel 2006 da Anne Wojcicki (la cui sorella, Susan, è il CEO di YouTube), con l’intento disruptive di ribaltare il settore delle ricerche e analisi sul DNA.

L’azienda consente infatti alle persone di acquisire una conoscenza più approfondita della propria ascendenza e dei tratti ereditati, attraverso un’analisi personalizzata del DNA.

Al momento 23andMe propone due versioni dei suoi test:

• la versione da 199 dollari, che include i set Salute e Antenati
• la versione da 99 dollari, con il solo test Antenati.

La proposta di 23andme

E' possibile gestire la genetica a distanza? Per 23andme la risposta è sì

Attualmente il test è in offerta… Fonte: sito 23andMe.com

I risultati del test Salute possono dare informazioni su segni particolari (tipo la probabilità di avere le fossette o i capelli ricci), su elementi di benessere (quanto metabolizzi la caffeina), come pure risultati in merito alla possibilità di essere portatore sano di determinate malattie.

Inoltre i risultati sarebbero in grado di rivelare se si è portatori di una mutazione del DNA che potrebbe trasmettere ai propri figli alcune patologie.

I risultati del test Antenati analizzano la Ancestry Composition (con quali regioni del globo i tuoi geni si allineano maggiormente), gli aplogruppi (con quale popolazione genetica si condivide un antenato comune), e una personale discendenza neanderthaliana.

Si può avere anche accesso a uno strumento chiamato Dna Relatives, con il quale gli utenti 23andMe possono scegliere di entrare in contatto con altri utenti, mostrando anche se si hanno parenti all’interno del sistema.

Forse la conoscenza di altre persone attraverso un sito (23andMe .com) assomiglia più a Tinder che a qualcosa avente a che fare con la medicina...

Forse la conoscenza di altre persone/parenti attraverso un sito (23andMe.com) assomiglia più a Tinder che a qualcosa avente a che fare con la medicina…

I reports alla base dei servizi 23andMe

23andMe offre svariati report per offrire la possibilità di conoscere meglio il proprio DNA

Fonte: sito 23andme.com

Alla base del modello di business originario c’era in realtà l’idea di offrire a tutti la possibilità di scoprire eventuali predisposizioni ad alcune delle peggiori malattie del nostro tempo, tra le quali l’Alzheimer e il cancro.

23andMe è l’esempio più evidente di come lo sviluppo tecnologico portato da Internet abbia permesso a molte aziende attive nell’healthcare di aumentare significativamente la propria taglia, raccogliendo un’enorme mole di dati (sensibili e non) per utilizzarli in maniera spesso spregiudicata, inserendosi in aree di business non ancora regolamentate dalla legge (notoriamente in ritardo rispetto alle innovazioni più dirompenti).

La storia

L’idea di 23andMe consisteva nell’attrarre il maggior numero di persone sul proprio sito per far loro acquistare un kit per l’esame del DNA, che 23andMe avrebbe spedito per posta.

A quel punto il cliente avrebbe dovuto sputare dentro la provetta, rimandarla alla società, e attendere le analisi e – soprattutto – i risultati del test, con particolare riguardo all’eventuale presenza di geni che indicassero un rischio di contrarre malattie superiore alla media.

I primi riscontri

Inizialmente, in un breve lasso di tempo decine di migliaia di persone acquistarono il kit, ottenendo le più varie e curiose informazioni sul proprio DNA, dal proprio albero genealogico alla maggiore predisposizione al sovrappeso o alla calvizie.

Nonostante le prime critiche in merito alla privacy e all’effettiva utilità e precisione di test basati sulla pura genetica per scoprire i fattori di rischio, i Venture Capitalist non rimasero a guardare: nel primo lustro di attività, la società raccolse oltre 100 milioni di dollari di investimenti, tra i quali una cospicua fetta proveniva direttamente da Google.

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Ulteriori perplessità nacquero a proposito della volontà di 23andMe di cedere i dati sanitari alle case farmaceutiche (pur in forma aggregata) dietro compenso.

Cosa direbbe Darth Vader dopo aver sputato nella provetta?

23andMe e Star Wars: un curioso connubio

Risposta scontata!

I primi problemi

La FDA non ci mise molto a interessarsi della “faccenda”: nel 2009 chiese alla società le prove dell’efficacia dei test sul DNA. La domanda che l’agenzia governativa USA per la regolamentazione dei prodotti per la salute, farmaci compresi, era la seguente: i risultati del test di 23andME possono indurre i consumatori a sospendere cure in corso o a intraprenderne di non necessarie?

23andMe decise di non rispondere alla FDA, che non si arrese e contrattaccò ordinando alla società di Mountain View di evitare qualsiasi pubblicità del proprio servizio.

23andMe decise di riformulare la propria offerta: avrebbe continuato a inviare le informazioni sull’albero genealogico, ma nessun dato sulla salute.

La CEO Wojcicki si trovò in una posizione a dir poco scomoda.

La ripartenza

Dopo aver assoldato un’avvocato di un’azienda che operava nelle analisi genetiche, a distanza di un anno la CEO richiese alla FDA di approvare un test genetico limitato e circoscritto, che avrebbe permesso ai clienti di 23andMe di sapere se i loro figli potessero ereditare o meno il rischio di ammalarsi di una malattia ereditaria molto rara, la sindrome di Bloom.

A sorpresa, nel 2015 la FDA accettò la proposta, forse convinta dall’ambito d’impiego molto ristretto del test.

Per la prima volta negli Stati Uniti, un’azienda privata ottenne il permesso della FDA di condurre un test genetico per una malattia.

Le cose sono ulteriormente migliorate quando la FDA ha permesso a 23andMe di proporre test su 10 malattie, Parkinson e Alzheimer compresi, pur a fronte di forti limitazioni su cosa comunicare ai clienti e cosa mantenere riservato.

Ad esempio, 23andMe non può fornire indicazioni su quali farmaci avrebbero più probabilità di curare determinate patologie in base al profilo genetico del cliente.

Cosa contiene il kit?

23andMe è il pioniere dei test genetici

Fonte: 23andMe.com

La modifica del business model

A questo punto la società si è decisa a investire pesantemente nelle analisi di massa dei dati raccolti dai suoi clienti, che hanno raggiunto la ragguardevole cifra di 2 milioni.

Grazie ai campioni di saliva analizzati e alle risposte ai questionari sulle condizioni di salute, 23andMe ha sviluppato una serie di complessi algoritmi che potrebbero permettere di accelerare le ricerche di nuovi farmaci, allo scopo di crearne di più mirati e con meno effetti collaterali rispetto a quelli attualmente in commercio.

23andMe ora si sta concentrando su sette principi attivi per quattro diversi gruppi di malattie: cancro, disturbi cardiovascolari, patologie della pelle e problemi al sistema immunitario.

I temi oggetto di dibattito

Pochi ricercatori possono attualmente disporre di basi dati di 2 milioni di individui per le loro ricerche (di solito sviluppate su campioni caratterizzati da numerosità pari a un quarto quella di 23andME). Questo è un fatto molto positivo che però si scontra con lo scetticismo degli addetti ai lavori che contestano alla società di fornire dati già pre-elaborati, senza consentire l’accesso a quelli puri più ricchi d’informazioni.

Questo è un tema irrisolvibile, stante l’impegno preso dalla società a non condividere direttamente i dati dei clienti con terze parti, se non in forma aggregata e dopo una prima elaborazione interna.

Si palesano inoltre dubbi sull’affidabilità dei questionari compilati dai clienti di 23andMe. L’azienda sostiene di incrociare più dati prima di sviluppare le conclusioni, ma la comunità scientifica mantiene i propri dubbi.

A onor del vero, i dati forniti da 23andMe sono stati utilizzati in circa 80 pubblicazioni scientifiche e l’azienda collabora stabilmente con una ventina di case farmaceutiche, a riprova di una – almeno parziale – validità delle informazioni elaborate dalla società.

23andMe

La situazione attuale e le conclusioni

L’ok della FDA ha fatto sì che gli investitori approcciassero nuovamente la società, tanto da farla includere nel ristretto novero degli unicorni, con Sequoia Capital a capeggiare l’ultimo round di finanziamento e piazzare uno dei suoi migliori uomini in CdA.

Certo il funzionamento del nuovo modello di business è ben lungi dall’essere accertato: lo sviluppo di farmaci basati sulla ricerca genetica è ancora ai primi passi ed ha già fallito nel recente passato.

Nonostante la concorrenza sia già arrivata (con – tra gli altri – AncestryDNA e HomeDNA), Wojcicki comunque sembra credere ancora fortemente nella sua creatura quando afferma: “We have only begun to scratch the surface in direct-to-consumer genetics”. E ancora: “We will continue to blaze the trail for our customers and lead the industry we’ve built.

Indovinate un po’? Anche Amazon vende i kit per l’analisi del DNA

Fonte: Amazon.com

Nei prossimi anni, 23andMe valuta di raggiungere 10 milioni di clienti e “agganciarsi” a nuove opportunità, quali quelle offerte dai fitness tracker (non Jawbone, però!), per avere dati più affidabili su condizioni di salute e abitudini di vita, da incrociare con quelli sul DNA. Ai prezzi di vendita attuali dei test, se la metà dei 10 milioni di potenziali clienti optasse per il test base e l’altra metà per il test completo, la società raggiungerebbe revenues pari a circa 1,34 miliardi di dollari.

Tutti quei dati si trasformeranno in un vero progresso per l’umanità, o “solamente” in earnings per 23andMe?

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